Buon compleanno a Vlad III

Buon compleanno a Vlad III di Valacchia, il personaggio storico a cui si ispirò Bram Stoker, autore di uno dei miei libri preferiti, “Il Conte Dracula”, per tratteggiare il grottesco protagonista.

L’originale non era da meno, fu principe anziché conte, e particolarmente prodigo di impalamenti come metodo di uccisione dei condannati a morte, mentre non sono segnalate per così dire donazioni di sangue dei malcapitati.

Nato il 2 novembre, del 1431, per qualcuno fu un eroe, per altri meno, ma la storia ce lo ha consegnato così, e così ce lo teniamo.

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Io me la ricordo ancora

Io me la ricordo ancora, quell’ultima stanza del vecchio casolare di campagna, quasi ridotto ad un rudere, perché i miei nonni, ormai da tempo, si erano trasferiti in paese. Era l’unica in cui non ci pioveva, non c’erano più porte né finestre, ma lì le drupe un po’ verdi, un po’ viola, un po’ nere, a seconda del grado di maturazione, rimanevano ad asciugare, prima di essere portate al frantoio.

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Elogio della calvizie

“Andate al museo a cercare le statue di un Diogene, un Socrate o quale altro saggio volete: vi troverete al cospetto di una sfilza di calvi.

Un Apollonio e qualche altro affabulatore sono in realtà forniti di chioma ma appaiono calvi alla folla dominata dalle loro parole, dalla loro potente ciarlataneria: cosa riconosciuta dai legislatori quand’essi valutano onorevole la saggezza e riservano le pene agli stregoni. Con ciò, io ammiro Apollonio e vorrei che facesse parte davvero della schiera dei calvi.

Insomma, chi è saggio è calvo, chi non è calvo non è saggio.”

Chi sa, sa

In queste settimane nel nostro Paese si torna a scuola, o all’università. Studiare è bellissimo, se diventassi ricco altroché Ferrari o viaggio a Miami, impiegherei il mio tempo a studiare liberamente quello che mi interessa, ma non sono ricco e quindi… studio lo stesso, anche se meno di quello che vorrei.

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Voglio vedere il mare

Fra tutti i pirati e i corsari italiani (perché ce ne furono anche del nostro Paese), quello che mi ha affascinato di più è stato Giuseppe Bavastro, un nome poco noto fuori dall’ambiente della nostra marineria.

Partorito da sua madre nella spiaggia di Sampierdarena, dalle parti di Genova, e subito dopo lavato con l’acqua salata del mare stesso, salì su una nave per la prima volta da neonato, messo in una cesta e trasportato da Genova a Nizza nell’imbarcazione di suo zio.
Un predestinato.

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Squinternato!

Credo che tutti nella vita abbiano collezionato una serie ampia e variegata di aggettivi riferiti a sé stessi, un gruppone di elogi ed insulti variamente distribuiti, nella speranza che i primi abbiano enormemente superato i secondi.

Non ho mai fatto questo calcolo su di me, che poi risulta difficile, perché ci sono gli elogi e soprattutto gli insulti non dati direttamente a noi, ma magari comunicati ad altri, e quindi chissà.

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Si chiamava Rollone

Si chiamava Rollone, che è un nome simpatico perché evoca pratiche semilegali, ma in realtà era un serissimo condottiero normanno.

Anche il soprannome non era male, il Camminatore, forse perché per la sua stazza pare non potesse salire su alcun cavallo, o più probabilmente per il suo continuo girovagare.

Era il 911, e Rollone il Camminatore stava per essere incoronato Duca di Normandia, il primo della serie.

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Se fossi papa

Se fossi papa, mi terrei il mio nome, anziché cambiarlo, e sarei Marcello III, un po’ come Marcello II che guarda caso fu l’ultimo papa a tenersi il nome di battesimo senza modificarlo, una volta salito al soglio pontificio.

L’abitudine di cambiarsi il nome era probabilmente nata perché qualche papa del passato – credo che il primo fosse stato Giovanni II – avevano nomi che potevano creare qualche imbarazzo, questo ad esempio si chiamava Mercurio, e avrebbe fatto sorridere un papa col nome di una divinità pagana.

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Salute!

Sono ipocondriaco e una volta sono svenuto per una normale radiografia, sotto gli occhi sbigottiti del tecnico. Quando vado dal medico, cerco di minimizzare le cose che gli dico, e se lui mi fa una domanda del tipo “ti fa più male qui oppure qui?” io cerco di prevedere la risposta migliore, quella che suggerisce la prognosi più lieve, e dico quella, con evidenti conseguenze negative per una corretta diagnosi, ma tant’è.

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L’ultima messa

Lo immaginavano tutti, che quella sarebbe stata l’ultima messa nella cattedrale di Santa Sofia: si poteva leggere il terrore negli occhi dei partecipanti, per la prima volta insieme, ortodossi e cattolici.

Maometto II, il sultano, da un paio di giorni aveva ordinato di sospendere i tiri di quel suo micidiale cannone, che lentamente – ma inesorabilmente – stavano sgretolando le imponenti mura di Costantinopoli, sotto assedio da settimane.

Una sosta prima dell’attacco finale.

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Mamma li Turchi

“Mamma li Turchi!”, urlavano a squarciagola ad Otranto in quell’estate del 1480, quando migliaia di pirati sbarcati dalle loro veloci navi posero l’assedio alla città e si diedero a violenze – ricambiate – di ogni genere.

I corsari barbareschi, nelle loro molteplici varietà – magrebini, turchi, cristiani convertiti – per secoli furono il terrore non solo delle città costiere, ma anche di qualsiasi nave si fosse trovata ad incrociare le loro, in mare aperto.

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Primo maggio

Sopra ci stava il popolo grasso, che erano i borghesi che avevano fatto i soldi, i padroni; e sotto ci stava il popolo magro, cioè la plebe, i salariati, i lavoratori senza diritti, insomma.

Il malcontento di questi ultimi cresceva, cresceva, covava sotto la cenere, si trasformava in risentimento, in odio verso chi li privava non solo della possibilità di riunirsi in associazioni di categoria, ma anche di entrare in politica per cercare di migliorare le proprie condizioni.

Era maggio, come ora, e uno di questi operai decise che era giunta l’ora di ribellarsi a queste infami condizioni di lavoro. Radunò gli altri lavoratori più sfruttati, promosse uno sciopero, cercò di organizzare una sorta di fratellanza fra tutti loro, per far sentire la propria voce.

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Indisciplinato lo era

Indisciplinato lo era, indubbiamente. Ripreso più volte dal locale consiglio ecclesiastico, vuoi per il suo comportamento indecente, vuoi perché ogni tanto alzava le mani, un giorno Alexander Selkirk pensò che l’unica cosa che avrebbe potuto fare nella vita sarebbe stata quella di imbarcarsi e diventare un corsaro.

Essere corsaro tuttavia non era mica una cosa così riprovevole, nel Settecento! Lo si faceva legalmente, per così dire. Le navi ricevevano una “lettera di corsa” e con questo documento qualsiasi capitano poteva trasformare la propria imbarcazione in una nave da guerra, al servizio di qualcuno, e di conseguenza attaccare le navi nemiche.

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C’era la guerra anche allora

C’era la guerra anche allora, ma non c’erano i social, e di conseguenza non c’erano neppure tutti gli esperti che in questi giorni dispensano sentenze, giudizi, consigli e previsioni, con la stessa facilità e sicurezza con cui ci si confronta sulla ricetta per fare la carbonara, e questa è una polemica che mi potrei risparmiare, ma quando volano le bombe non ce la faccio proprio a disquisire, sarà un mio limite.

C’era la guerra anche allora, dicevo, che poi sarebbe passata alla storia col nome altisonante di Grande Guerra del Nord, e chissà come passerà alla storia quella che si sta combattendo qui accanto, ma soprattutto chissà se ci sarà una storia tra qualche tempo, che magari rimarranno solo le formiche dopo un conflitto atomico, ma guarda se dovevo avere anche questa preoccupazione.

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