Fu una lettura estiva

Fu una lettura estiva, di quelle che dovrebbero essere spensierate, e che invece si sarebbe rivelata come un cazzotto nello stomaco.

Erano i primi anni Ottanta, l’adolescenza un po’ così, ma tutti sembravano contenti ed io cercavo di adeguarmi, i pomeriggi trascorsi nella biblioteca di Carrara, dove i libri avevano un buon odore che non avrei mai più dimenticato.

La dittatura in Grecia era terminata da un pezzo, e la vita straordinaria di Alexandros Panagulis pure, quando venne pubblicato “Un uomo” di Oriana Fallaci. Lei aveva promesso a lui che quella vita l’avrebbe raccontata, e quanto dolore in quella vita, quanta sofferenza, quanto eroismo.

Le torture di ogni genere, fisiche e mentali, che anziché sortire l’effetto sperato, sembravano solo accrescere l’incredibile forza d’animo di quest’uomo che con ogni mezzo aveva cercato e cercava di opporsi alla dittatura dei colonnelli.

Anche con il tirannicidio, che reputava legittimo in una situazione del genere. Era proprio il 13 agosto del ’68, il giorno del fallito attentato contro il dittatore, la bomba che non esplode al passaggio dell’auto, e Panagulis – che aveva orchestrato l’agguato – finisce in galera dove gliene fanno di tutti i colori e il libro di Fallaci non tralascia nulla di quel lungo orrore.

Sono gli anni Venti del duemila, quelli dell’età adulta un po’ così, di gente contenta in giro non ne vedo più tantissima, ma è di nuovo estate, e io quasi quasi lo rileggo.

Compleanno e mezzo

Buon compleanno e mezzo a me e a tutti quelli nati il 4 febbraio.

L’idea di festeggiare il compleanno e mezzo venne all’abate Villeret nel Settecento. Egli si accorse che i bambini ospiti nell’orfanotrofio di Corgémont, nati d’inverno, non potendo festeggiare la ricorrenza all’aperto come quelli nati d’estate, mostravano via via tendenze depressive al crescere dell’età.

Allora decise che anche i primi avrebbero festeggiato il compleanno nella bella stagione, usando l’accorgimento di aggiungere sei mesi alla data di nascita. In poco tempo notò che l’umore dei nati d’inverno, ma festeggiati d’estate, migliorò tantissimo, ma suo malgrado dovette anche notare che quelli nati per davvero d’estate mal sopportavano dal punto di vista psicologico la presenza, magari nello stesso giorno, di un festeggiato vero (loro) e di uno per così dire falso (quelli dei sei mesi dopo), sviluppando negli anni un rancore che poi sarebbe esploso in tendenze omicide, fino all’episodio passato alla storia come il Massacro delle Candeline.

La notte del 23 agosto 1782 infatti quelli che compivano gli anni d’estate assalirono i loro colleghi nati d’inverno a colpi di candeline (allora si usavano ceri di ampie dimensioni) trucidandoli quasi tutti. Lo stesso abate Villeret dovette fuggire e si salvò per miracolo, rifugiandosi a Parigi dove terminò i suoi giorni scrivendo un libro dal titolo “Del perché bisognerebbe festeggiare i compleanni solo d’estate e quali accorgimenti prendere affinché non emergano contrasti”, di cui ben presto si persero le tracce.

Grazie a Tom Deschamps per la foto, forse stavo pensando a questa stupidaggine inventata di sana pianta.

Ma che ne sapevo io

Ma che ne sapevo io che con tutta quella gente, tutto quel materiale, tutta quella salita, la locomotiva non ce l’avrebbe fatta, e che c’entro io se settecento persone erano salite in un treno merci pagando il biglietto, e chi glielo aveva fatto il biglietto, mica io, io dovevo solo condurre il treno, e il mio collega doveva solo buttare il carbone e lo buttava eccome, ma il treno si stava fermando proprio dentro alla galleria, mettine altro gli dicevo, ma più di così non si poteva, e anzi dopo che ci siamo fermati, che la salita era troppo ripida, il treno troppo pesante, abbiamo cominciato a retrocedere, e la locomotiva attaccata dietro alla mia – ed era un caso che ci fosse una seconda locomotiva, di solito era una sola – la locomotiva attaccata dietro alla mia dicevo, una volta che ha visto che stavamo tornando indietro, dai si mette a spingere ancora più forte in avanti, e quindi noi che vogliamo andare indietro per uscire dalla galleria, lei che spinge per andare avanti, e nemmeno ci vedevamo fra noi conduttori, che io ero su una locomotiva austriaca, stavo da una parte, e l’altro stava su una locomotiva italiana, stava dall’altro lato, e come se non bastasse ci si è messo anche il frenatore del carro di coda, che dato che c’era tira il freno, insomma è stato un disastro, siamo fermi in questa galleria, il carbone brucia, tutto quel fumo nero, il monossido di carbonio si sprigiona, io mi sento svenire, e forse sarà meglio, che non saprò mai che nel più grave incidente ferroviario mai capitato in Italia, più di cinquecento persone moriranno asfissiate, oggi è il 3 marzo del ’44 e a Potenza non ci arriveremo mai vivi, me compreso, cara mamma.

Strada provinciale 86

C’è una strada deliziosa che percorro spesso, ed ogni volta mi incanta per la sua bellezza. Dal luogo dove abito – Porchiano del Monte – scende dolcemente fino al Tevere e da lì è un attimo, si entra in autostrada o si sale su un treno, e si cambia improvvisamente condizione. Lassù la quiete del bosco e della campagna, laggiù la frenesia dei collegamenti veloci per raggiungere mete lontane. Un vento che tiene l’aria pulita in alto, la nebbia che troppo spesso accompagna le giornate di chi vive là in basso.

È una strada da percorrere lentamente, curva dopo curva, che all’improvviso ti può apparire un capriolo che fugge elegante, o più spesso una famiglia di cinghiali che scorrazza di qua e di là, o ancora gli istrici e i tassi che trotterellano con il loro incedere quasi buffo.

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Polmonite

L’influenza o qualcosa del genere di cui mi lamentavo un mese fa, si è poi rivelata una insidiosa polmonite, ma oggi, dopo un giorno al pronto soccorso, due radiografie, tre prelievi del sangue, quattro antibiotici diversi e trenta giorni di febbre, pare completamente rientrata.

Vorrei ringraziare tutte le persone che indirettamente o direttamente hanno chiesto di me e mi hanno incoraggiato con telefonate, messaggi, visite e fornito supporto di ogni tipo. Anche quelle che sono passate per portare Lara a fare “un giro delle mura”, sono state un aiuto prezioso.

L’affetto è una delle medicine più potenti che abbiamo a disposizione.

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Ogni tanto

Ogni tanto vorrei essere qualcun altro, da qualche altra parte, in qualche altro tempo, e mi diverto ad immaginare come sarebbe il Marcello se si trovasse in vite altrui.

Non vado mai da solo in queste fantasie, ma porto con me anche amici e conoscenti, cercando di adattare ognuno di loro a questo o quel personaggio, o buttandoci tutti dentro ad una categoria senza stare troppo a vedere chi è questo e chi è quello.

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Perizia ed umanità, gentilezza e sorrisi

“Attento ai gomiti, quando passi di lì, che se no si rompe pure quelli”, dice l’operatrice più esperta al ragazzo che sta accompagnando una persona anziana – stesa sul lettino – verso la sala operatoria, mentre la fa passare da una porta. “Sì, sì, ci sto attento”, risponde lui, e prosegue veloce lungo il corridoio con il suo carico di sofferenza.

Il giovane medico che somiglia ad Alessandro Gassman procede spedito verso la macchinetta del caffè, inserisce la sua scheda, e gentile subito si fa da parte, invitando con la mano i praticanti a scegliere quello che vogliono. Pochi istanti con un bicchierino caldo tra le mani, in attesa del paziente successivo, due chiacchiere in libertà, e il suo sguardo furtivo che segue l’infermiera bella che passa accanto, chissà come si chiama.

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E visse nel Settecento

Il suo ruolo era grosso modo quello del nostro ministro dell’economia e delle finanze, ma in realtà aveva molte più competenze, poteva occuparsi di tutti quei settori in cui c’era una spesa pubblica ed il suo compito era quello di tagliare, risparmiare, scovare nuove entrate. E ci riusciva benissimo.

Durante il suo incarico, inventò ad esempio un’imposta sulle finestre e sulle porte di una certa eleganza, che potevano rappresentare una dimostrazione di ricchezza e quindi ben tassabili.

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Una scrittura sconclusionata

Anche un supermercato è un contenitore infinito di storie, con tutti quei suoi prodotti colorati disposti ad arte sugli scaffali e le loro provenienze più varie, nel tempo e nello spazio, e a volte mi sbaglio, compro una bevanda di soia, aromatizzata alla vaniglia, quando normalmente la prendo non aromatizzata, ma pazienza, non mi dispiace quell’aroma che sa di esotico e mi diverte pensare che l’origine della parola sia in fondo il latino “vagina”, che oltre a quella cosa bella indica in generale una guaina, un baccello, e dal latino diventa in spagnolo “vaina” e da qui poi appunto vaniglia, perché i suo i frutti somigliano a dei baccelli, insomma, una cosa simpatica, ma ancora più simpatica è la storia di quello schiavo, Edmond si chiamava, che il cognome gli schiavi mica ce l’avevano, e la vaniglia si produceva soltanto in Messico, perché lì c’erano delle api che riuscivano nell’impollinazione che altrove non avveniva, e Edmond, mi perdonerete questo post senza punti e senza capoversi, ma io talvolta sono così, mi piace scrivere sregolato, questo Edmond dicevo inventò vuoi per scherzo vuoi per dispetto, questo non è molto chiaro, a impollinare con le dita queste piantine, permettendo così la loro diffusione anche fuori dal Messico, e questo favorì l’enorme diffusione di questa pianta e del suo aroma, anche perché il nuovo metodo ne aveva abbassato il costo, e questo schiavo si meritò un premio per questa sua scoperta, gli chiesero che vuoi, ti vogliamo ricompensare, e lui rispose che voleva un cognome, proprio così, un cognome come le persone libere, e gli regalarono un cognome, che lui da quel giorno si chiamò Edmond Albius, che vuol dire bianco, vuoi mettere un nero che di cognome fa bianco, e quanto ne andava fiero di questa sua nuova identità, ma la vita non gli sorrise un granché, pare che quando la schiavitù fu abolita lui se ne andò in città a lavorare come lavapiatti, e poi rimase implicato in un furto di gioielli, e lì la vita gli virò verso il peggio, finì condannato a dieci anni di carcere, ma ne fece soltanto cinque, perché il governatore gli accordò la grazia, che lui aveva scoperto il modo di produrre la vaniglia a basso costo, mica cavoli, e insomma non so bene come andò a finire la sua vita, ma la terminò in povertà e la consegnò alla storia, e domattina quando mi berrò un po’ di bevanda di soia aromatizzata alla vaniglia non potrò fare a meno di ricordare questa persona e chissà quante altre storie sono legate al caffè, ai biscotti, ai fiocchi di avena, a tutto quello che per fortuna mi trovo a tavola, anche grazie a tutte le persone che hanno contribuito alla loro produzione, e comunque grazie anche a voi pochi che avete avuto la pazienza di leggere fino in fondo magari mandandomi a quel paese perché non ho messo né punti né capoversi per farvi respirare, ma stasera mi andava così, una scrittura sconclusionata ❤

Sperpero?

L’altro giorno, mentre camminavo conversando del più o del meno con una persona, questa mi ha espresso la sua contrarietà per il fatto che la concessionaria del servizio pubblico televisivo italiano, sperperasse i nostri soldi in una manifestazione canora che va per la maggiore in questi giorni.

Io le ho risposto che – per quel che ne so – i soldi che questa concessionaria ricava dalla manifestazione, sono maggiori rispetto a quelli che vi investe, e che tante persone per un motivo o per l’altro grazie ad essa trascorrono qualche ora spensierata ascoltando musica e discorsi di vario tipo, che male c’è.

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Il mestiere di biografo

Può essere come stamattina in una cucina, o in sala, oppure in biblioteca, o in un bar, e perché no, sulla panchina di un parco. Talvolta il computer, ma sempre il blocco per appunti, la penna, il registratore, e vari documenti, diari, lettere, qualsiasi cosa parli di una vita. E poi un mare di parole, che fluiscono liberamente, nell’assoluta riservatezza.

Ogni volta che inizio, è una grande emozione.

Il mestiere di biografo, da quasi trent’anni.

La vita è come una clessidra

La vita è come una clessidra, dove la polvere è la nostra esistenza, che vive momenti larghi, agevoli, importanti, e poi di colpo si trova a passare in mezzo a qualche strettoia, dalla quale comunque con fatica si riesce ad uscire, per poi tornare nuovamente alla calma e alla tranquillità.

Ma poi qualcuno la gira quella clessidra, e si ricomincia daccapo, con le fasi tranquille ed i momenti di impiccio che si alternano, mentre il tempo scorre inesorabile, e noi cerchiamo di barcamenarci alla bell’e meglio.

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Il naufragio della Querina

Era piena di ogni ben di Dio, la caracca. Questa non era ancora un vero e proprio galeone, ma ne rappresentava una sorta di prototipo, il meglio dell’epoca – siamo nel Quattrocento – per navigare lontano.

E lontano doveva andare, Pietro Querini, il proprietario e comandante. Da Creta, dove i suoi meravigliosi vigneti producevano una malvasia raffinatissima, fino alle Fiandre, nell’odierno Belgio, dove tutti quei barili sarebbero stati facilmente commercializzati. E insieme a loro, un tesoro fatto di spezie, allume di rocca, cera, cotone… Una nave ricca.

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Guidare

“Camminiamo dappertutto, per boschi e campagne, per borghi e città, sulle montagne e in pianura. Camminiamo lentamente, adattando il nostro cammino a quello degli altri, godendo del paesaggio, del respiro e delle parole tra di noi.”

(Ogni Passo)

Avendo rispettato i requisiti richiesti, legati alle competenze, alle conoscenze e alle abilità della professione, e ottemperato agli obblighi della formazione permanente, ho potuto rinnovare la mia adesione ad AIGAE Associazione Italiana Guide Ambientali Escursionistiche, la principale organizzazione di categoria italiana.

Lei e lui

Lei si chiama Kate Brown, è governatrice dell’Oregon, nata nel 1960 in Spagna, e per questo, essendo di nascita straniera, non potrà mai diventare presidente degli Stati Uniti, la Costituzione americana non lo consente.

Lui si chiamava Leopoldo II d’Asburgo-Lorena, nato nel 1760 a Vienna, Granduca di Toscana e poi per un paio d’anni anche Imperatore del Sacro Romano Impero.

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Sotto ad un fiore

Superstizioso da sempre – ma chi non lo era in quei tempi, in cui astrologia era scienza e l’alchimia pure! – gli era stato predetto che sarebbe morto sotto ad un fiore, vicino ad una porta di ferro.

E lui figuriamoci, non ne voleva sapere di andare a Florentia (Firenze) o Florentinum (Ferentino), o in qualsiasi altro posto che ricordasse un fiore, se ne teneva alla larga il più possibile, hai visto mai.

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