Ragazzi, fermiamoci un attimo, posiamo gli zaini, guardate che bello questo sentiero che passa in mezzo alle ginestre fiorite!
Mi viene in mente un episodio avvenuto tanti anni fa, in Francia, verso il 1127. C’era un giovane nobile di quattordici anni, si chiamava Goffredò d’Angiò, detto il Bello, che trascorreva lunghe ore in giro con il suo cavallo lanciato al galoppo.
Un giorno il cavallo si spaventa per qualcosa, si imbizzarrisce, e cade in un dirupo. Il giovane riesce a non cadere nel precipizio aggrappandosi ad un arbusto di ginestra e rimane lì penzolante finché i suoi uomini, non vedendolo tornare, lo vanno a cercare e lo liberano da quella scomoda posizione.
Quella sera, al castello, è festa grande, e Goffredo, attento ai segni del destino, decide di mettere un fiore di ginestra sul suo cappello, ogni giorno. E i suoi figli, e i figli dei suoi figli, fanno lo stesso, a tal punto da venire ricordati per sempre col nome dell’arbusto miracoloso: i Plantageneti (planta genet, pianta di ginestra).
Mi passi l’acqua per favore? Ma non è finita.
Si chiamarono così quattordici re d’Inghilterra, una dinastia che – compresi i rami cadetti degli York e dei Lancaster, regnò sul paese per più di trecento anni.
A dire il vero, i Plantageneti del ramo York scelsero come simbolo un fiore più nobile, la rosa, e lo stesso fecero quelli del ramo Lancaster. Una rosa bianca, per i primi, e una rossa per i secondi, a rimarcare una differenza che via via sarebbe diventata dissidio, fino a sfociare in una vera e propria guerra, la Guerra delle due rose, che si combatté fra il 1455 e il 1485.
Io penso che possiamo fermarci a mangiare, qui.
L’ultimo re di questa lunga dinastia, fu Riccardo III, che Shakespeare, nel suo celebre dramma, volle deforme e malvagio, e quando questi rimane sconfitto sul campo di battaglia, vicino alla morte, gli fa esclamare la famosa frase “Il mio regno per un cavallo”. Roberta, lo cerchiamo questo dramma?
Curioso, no, una dinastia che inizia e termina con un cavallo.
Oggi la ginestra è quasi un problema, cresce dappertutto, senza bisogno di trattamenti, non sappiamo cosa farcene, ma una volta non era così, pensate che se ne ricavava una fibra tessile simile a quella del lino e della canapa. Se non ricordo male, a Pompei, sono stati ritrovati resti di abiti con questa fibra.
Quando ci passiamo ricordiamocelo, e domandiamo!
Ma anche nel periodo dell’autarchia, dove sei L. questo è per te, dopo le sanzioni all’Italia, c’era carenza di materie prime e la produzione di fibre di ginestra ebbe grande impulso, pare che intorno al 1942 ci fossero più di sessanta ginestrifici.
Se vi capita di vedere una G nell’etichetta di un vestito, bè, c’è la ginestra.
E le poesie? Ce n’è una di Giacomo Leopardi che si intitola proprio così, e e poi viene citata anche da Gabriele D’Annunzio ne La pioggia nel pineto. Anzi, mentre ci riposiamo un po’, perché non le leggiamo?
Poi ci rimettiamo in cammino.
Strade Maestre – Fare scuola con la pratica del cammino.