Avrò avuto vent’anni ed entrai in crisi. Non dormivo la notte, avevo l’ansia e paura di tutte le malattie presenti nell’enciclopedia medica di famiglia, la Garzantina.
L’università era un disastro, frequentavo Scienze Biologiche, e non capivo nulla di matematica, e come poteva essere diversamente, considerando che all’esame di maturità scientifica avevo consegnato in bianco il compito di quella materia.
Mia madre sentenziò: “Hai l’esaurimento nervoso perché non riesci negli studi”. Io andai da mio padre in salotto, gli annunciai “Ho l’esaurimento nervoso perché…” e prima di completare la frase lui mi disse “Buttati nello studio che ti passa”.
Io piuttosto mi sarei buttato dalla finestra, ma eravamo poco più che al piano terra e quindi per cercare di guarire andai da un famoso psichiatra locale.La sala d’aspetto aveva le pareti foderate di materassi e mentre attendevo il mio turno pensai che forse era per evitare che qualcuno in preda alla disperazione ci si buttasse contro e l’immagine di noi che uno dopo l’altro ci schiantavamo contro le pareti mi fece ridacchiare da solo, il che provocò di conseguenza una certa preoccupazione fra gli astanti.
Quando entrai, lo psichiatra mi fece parlare a lungo, poi prese un martelletto e cominiciò a colpirmi con delicatezza in vari snodi del corpo, e ad ogni snodo io saltavo come una mina.
“Ansia e ipocondria”, fu la diagnosi, e mi prescrisse un farmaco che si chiamava EN. La mattina dopo cominciai a prendere le gocce che mi aveva prescritto, ma siccome avevo paura di fare la fine di Marilyn Monroe io dimezzai la dose e mi accontentai dell’effetto placebo, che comunque era potentissimo.
La boccettina terminò, l’estate passò velocemente, e quando arrivò l’autunno mi iscrissi al corso di laurea di Storia.
La paura di morire e di avere le malattie non mi abbandonarono, ma si erano affievolite.
Il primo libro che mi fecero studiare si intitolava “L’uomo e la morte dal Medioevo ad oggi”.
Nell’immagine, “Bambino malato portato nel tempio di Esculapio”, 1887, John William Waterhouse.