Strada provinciale 86

C’è una strada deliziosa che percorro spesso, ed ogni volta mi incanta per la sua bellezza. Dal luogo dove abito – Porchiano del Monte – scende dolcemente fino al Tevere e da lì è un attimo, si entra in autostrada o si sale su un treno, e si cambia improvvisamente condizione. Lassù la quiete del bosco e della campagna, laggiù la frenesia dei collegamenti veloci per raggiungere mete lontane. Un vento che tiene l’aria pulita in alto, la nebbia che troppo spesso accompagna le giornate di chi vive là in basso.

È una strada da percorrere lentamente, curva dopo curva, che all’improvviso ti può apparire un capriolo che fugge elegante, o più spesso una famiglia di cinghiali che scorrazza di qua e di là, o ancora gli istrici e i tassi che trotterellano con il loro incedere quasi buffo.

È una strada dove a volte mi fermo, quando incontro gruppi di ciclisti che pedalano, o qualche camminatore che va, perché l’ultimo tratto non è asfaltato, e la polvere è nemica di chi pedala o cammina, e basta così poco per fare un gesto gentile, che la mano alzata di chi ringrazia ti ripaga del leggero ritardo.

È una strada piena di punti incantevoli, che ci vorrebbero delle ore per descriverli tutti, anche prestando attenzione alla guida, ogni volta non ci si annoia, può essere la mietitrebbia che potente lavora ai lati dello “stradone”, o un albero da frutta fiorito che annuncia doni succosi, possono essere gli eucalipti che si muovono al vento (li avete mai visti?) o gli olivi centenari che stavano lì prima di te e ci staranno anche ben dopo.

Dopo il ponticello sul fosso di Lugnano, lì dove la strada fa una curva secca, e il Monticello rimane alto di fianco, questa si fa improvvisamente più dritta, ed è uno spettacolo guardare a perdita d’occhio a sinistra e a destra. Giove con il suo palazzo ducale da poco risistemato, il monte Cimino con Soriano lì davanti, Bomarzo che sta in prima fila, Montefiascone laggiù a destra, e bisognerebbe fermarsi, parcheggiare l’auto e mettersi a guardare, guardare, che di cose belle da vedere ce ne sono una infinità.

In quel punto la strada diventa quasi una dorsale, i campi scendono sia da una parte sia dall’altra, ogni anno le coltivazioni cambiano, e di conseguenza anche i colori e beato chi li vede tutti, ma anche chi li vede un po’ così come me, non può che rimanere a bocca aperta.

È una strada che incontra altre strade, che non sono da meno, quella a destra che sale, dell’Ospedaletto, che in fatto di panorami non le è da meno, quella a sinistra che scende, per poi risalire anch’essa verso Giove, di “Martinozzi”, quella più avanti che si infila nella Bandita, “bannita” se sei di qua, da poco risistemata, che scende nel bosco per poi arrivare ad Attigliano. Ognuna poi ha altri piccoli incroci, altre stradine che portano chissà dove e che ti fanno venire voglia di andare alla scoperta.

Una ventina di anni fa le belle case che la fiancheggiano apparivano abbandonate, che i vecchi ormai non c’erano più e nessuno voleva continuare a vivere in campagna. Adesso no, è tutto diverso, nuove famiglie sono venute a vivere qui perché hanno capito che il posto è bellissimo, le hanno ristrutturate, si vedono luci dietro alle finestre, comignoli che fumano d’inverno, presenze discrete e rassicuranti che fanno territorio abitato e curato, ma senza stare troppo vicini, che lo spazio è bello, la folla meno.

L’altro giorno ero a Roma, io maldestro in auto, in una periferia nemmeno delle peggiori, c’era una caos indescrivibile, la gente arrabbiata, qualcuno che mi superava a destra, mentre giravo a destra!, qualcun altro che cercava parcheggio da forse un’ora, un’aria che pareva più da masticare che da respirare, avrei voluto fermare l’auto e cominciare a chiedere alla gente perché stavano lì, venite dietro di me, tra quaranta minuti vi porto in un posto vivibile, potete continuare a parcheggiare in doppia fila perché tanto non se ne accorge nessuno, le case costano come il vostro dannato garage, ma fate presto, perché tra un po’ finiscono.

Si chiama strada provinciale 86, ed è deliziosa.