I nostri Irminsul

Le campagne militari di Carlo Magno contro i Sassoni, un popolo ancora pagano e diviso in varie tribù che mal volentieri si adattavano alla conversione cristiana e all’obbedienza nei confronti dei Franchi, durarono almeno un trentennio.

Le violenze e le devastazioni da una parte e dall’altra furono numerose. Nell’eccidio di Verden, almeno 4500 Sassoni furono uccisi a sangue freddo, avendo rifiutato di convertirsi, mentre il loro re Vitichindo riuscì a salvarsi.

Fra le varie azioni messe in campo dai Franchi per annientare questo popolo che viveva nelle zone oltre il fiume Reno, vi fu anche la sistematica distruzione degli Irminsul, o Grandi Alberi, colossali piante che venivano venerate come espressione divina dai Sassoni.

La guerra terminò nei primi anni dell’800 e nel frattempo anche Vitichindo si era arreso e convertito al Cristianesimo.

Sono passati milleduecento anni da allora, ed oggi i distruttori moderni degli Irminsul siamo tutti noi.

Noi che amiamo mangiare pane e pizza cotta a legna, che ci scaldiamo con il pellet, che bruciamo biomasse provocando la distruzione dei boschi o nella migliore delle ipotesi un loro rapido depauperamento. Noi che tagliamo gli alberi in maniera insensata, li potiamo (mutiliamo) eccessivamente contro ogni logica o buonsenso, li abbattiamo anche nelle città, dove ancora più forte se ne sentirebbe invece il bisogno.

Noi che siamo l’ultimo anello di una opera distruttrice che si svolge a colpi di motoseghe e di caterpillar che aprono piste in mezzo alle foreste, distruggendo tutto, e alla fine distruggendo anche l’ambiente e i boschi di cui avremmo bisogno per sopravvivere. Azioni che si svolgono senza criterio, senza pensare all’importanza che questo prezioso habitat ha per noi e per il nostro futuro, in un mondo inquinato, surriscaldato, malato.

Dovremmo invece preservare questo tesoro, più importante di una riserva aurea, più importante di un pil, più importante di un generico, sciagurato ed illusorio guadagno economico.